“La premier ha bisogno di personalità e idee. Dovrebbe fare come il Pci nel dopoguerra. Non basta occupare gli spazi con i propri fedelissimi. C’è bisogno di una nuova fase”, dice lo storico ed editorialista del Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia.
E a Vicenza? Negli ultimi sei mesi abbiamo visto illustri adesioni al partito di Giorgia Meloni, in città buona parte del gruppo civico di Francesco Rucco ha lasciato Idea Vicenza e si è arruolato nell’esercito della destra, in provincia le sezioni di FdI si moltiplicano e l’esercito degli amministratori è in crescita. Ma questo è solo una parte che riguarda l’ordinaria amministrazione di un partito in crescita, perchè dietro l’angolo rimane la vera sfida per la destra, dimostrare che non è solo una moda passeggera come è già successo prima per Forza Italia e poi per la Lega, prodotta dagli umori e dalle aspettative dell’elettorato, o meglio di quei pochi che ancora vanno a votare. La vera sfida è dimostrare che la destra “diffusa”, quella che non sta solo nei ruoli istituzionali, che non si preoccupa di liste, candidature, tesseramenti e campagne elettorali, quella che mette insieme il punto di vista alternativo alla sinistra e che magari non c’entra nulla con Orban o con Vannacci, quel mondo che cerca e, spesso non trova, approdi che parlino di scelte autorevoli, di visioni del futuro, di buon governo e realismo politico. E su questo di strada ce n’è ancora tanta da fare. Eppure qualche buon esempio in giro si trova.
A pochi chilometri da qui stiamo vedendo il modello Venezia, che porta Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale, a indicare un modello per quella parte politica. Ha nominato personalità indiscutibili: Willem Dafoe e Barbera nel cinema, Carlo Ratti in Architettura.
Dovrebbero fare tutti così. Non servono esami del sangue su storie e militanza. Servono “personalità e di idee”. Questo prezioso suggerimento per Giorgia Meloni, Ernesto Galli della Loggia l’ha declinato anche in un editoriale sul Corriere della Sera pochi giorni fa, per poi rilanciare al Foglio. E la ribadisce al Foglio,
“Non si tratta di costruire una nuova egemonia culturale. Penso non ci creda nemmeno il ministro Sangiuliano. Ma c’è un paradosso. Basta osservare il dibattito pubblico per accorgersi che la voce dell’opposizione è sempre più autorevole, perché l’opinione del più forte viene considerata piena di ombre, sospetta. E in più è in tutto l’occidente dal ‘45 in poi che c’è una forte disparità nel discorso pubblico. Ragion per cui molta destra che s’affaccia in Europa è eversiva. Ecco allora che un riequilibrio è necessario per capire al meglio le cose. Non riguarda solo la cultura, ma l’interpretazione della realtà, i rapporti con i limiti della tecnica e con la storia”.
Ma l’autorevolezza non consiste nell’imposizione di nomine, bensì nella qualità delle persone scelte. E infatti Della Loggia aggiunge “ Avrebbero dovuto fare come il Pci nel dopoguerra. Allargare a personalità indipendenti in modo da democratizzarsi e ripulire un passato ben poco democratico. Capisco che Meloni non sia nella stessa condizione di Togliatti, che beneficiò della conversione degli intellettuali fascisti in intellettuali comunisti, ma la politica è anche costruzione della realtà”.
E quali sarebbero allora le personalità cui guardare per cercare di allargare il campo della destra? “Sabino Cassese una volta ha detto: gli incarichi pubblici non si briga per ottenerli ma non si rifiutano. Credo sia un po’ questo il principio che dovrebbe guidare le scelte. Ecco, una personalità come Cassese, che peraltro non ha mostrato avversità nei confronti di questo governo, meriterebbe di essere coinvolta”.
E a Vicenza i leader locali potrebbero porsi questo obiettivo, andare a cercare personalità e idee, non solo iscritti o candidati sindaci, perchè vi è una dimensione impalpabile della politica che è fatta di progetti, punti di vista e autorevolezza. Essere un partito di maggioranza, relativa, significa assumersi responsabilità e doveri oltre il recinto della propria storia. Essere al 3% ha un valore diverso dall’essere al 30%. Più benefici, più occasioni, ma soprattutto più doveri di fronte ad un consenso che sembra essere più libero del partito che sceglie.
Abbiamo parlato di cultura. Ma il discorso è complessivo e FdI, anche a Vicenza, non dovrebbe avere difficoltà ad aprire in generale il partito, a trasformare una classe dirigente nella rappresentazione di un elettorato che ormai è ben più ampio del 3 per cento dal quale erano partiti.
In altri tempi, con risultati molto meno esaltanti, la destra italiana ebbe il coraggio di rifondarsi a Fiuggi, e si aprì una fase che solo la fusione a freddo del PdL fece rallentare, ma ormai i tempi sono maturi per fa nascere il Partito dei Conservatori e mollare gli ormeggi. Nel nostro piccolo anche a Vicenza qualche segnale servirebbe, magari andando oltre la nomenklatura e, con chiarezza, verso personalità e idee.