Caro Babbo Natale, noi boomer siamo pieni di appunti sui desideri dei nostri figli, grandi o piccoli che siano.
Siamo in ansia per il regalo alla moglie, abbiamo il senso di colpa per i genitori anziani – i fortunati che li hanno ancora – di cui non ci occupiamo mai abbastanza, e allora proviamo a vedere cosa ci piacerebbe trovare sotto l’albero domani mattina.
Facendo finta che tu esista davvero.
Non cose. Ma emozioni.
Il senso di meraviglia e di ottimismo che abbiamo perduto tra gli anni 70 e gli 80. La voglia di divertirsi in modo spontaneo e non, come accade di continuo, quel far finta talmente scontato ed accettato da diventare un’abitudine. Una vita privata più ricca di sorprese e di emozioni, una vita pubblica che possa farci vedere un futuro possibile e migliore del presente.
E per la nostra città vorremmo provare la meraviglia di un nuovo corso che sappia far sognare, uno scatto verso l’alto che ci permetta di uscire dalla sindrome del galleggiamento che ha contagiato tutti e a cui tutti sembra si siano rassegnati.
Dove sono finite le lotte del passato per mettere un pezzo di futuro nell’agenda della città?
Siamo inondati di comunicati stampa e video che fanno il verso agli influencer ma che non parlano nè di sogno nè di progetti. Inseguono disperatamente un consenso sempre più fluido e la domanda che arriva dai social è diventata più importante dell’offerta di futuro che la politica non riesce più a generare, avendo già abdicato alla logica dei like.
Solo un’eterna ripetizione dell’ordinario.
Un po’ di straordinario ci farebbe ritrovare un senso e magari scalderebbe il cuore.
Sia nostro che dei nostri ragazzi che, l’emozione del dividersi sul sogno di una città migliore, non l’hanno mai vissuta.