Nell’ultimo giorno del 2023 tocca fare un piccolo bilancio e guardare ai fatti più significativi che hanno caratterizzato Vicenza e provincia.
E’ stato un anno di cambiamenti, un anno di svolte. Una cronaca tristemente connotata del fenomeno sempre più esteso, specie in Veneto, dei femminicidi, un’economia che sostanzialmente tiene con gli imprenditori che, però, da anni chiedono alla politica sempre le stesse cose, che, evidentemente, non arrivano davvero.
La politica of course.
Una politica che a Vicenza ha vissuto due momenti di svolta che hanno mutato equilibri che si erano fissati da qualche anno. Il 2023 si caratterizza per la riscossa degli sfavoriti, è stato l’anno degli underdog alla vicentina. Il più underdog di tutti è il Carneade di Montegalda, Andrea Nardin, che ha stravinto la corsa per la Presidenza della Provincia nei primi mesi del 2023, rovesciando i pronostici e mettendo in crisi l’assetto classico soprattutto del Centrodestra. Da una parte le segreterie provinciali di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia fanno muro sul sindaco di Caldogno, Nicola Ferronato, dall’altra si polarizza uno schieramento più trasversale, che vede tra i principali azionisti una parte di amministratori civici, truppe scelte del Carroccio e meloniani in dissidenza con le rispettive segreterie politiche e, soprattutto, il giovane sindaco di Montegalda, che macina chilometri per settimane proponendosi senza timidezze al mondo degli amministratori locali di tutta la provincia.
Com’è finita lo sappiamo. Due a zero per Nardin e i suoi alleati, un Consiglio provinciale che si è subito allineato al suo nuovo Presidente e l’uscita di scena dei due coordinatori provinciali, Matteo Celebron per la Lega, che ha passato il testimone attraverso un congresso a Denis Frison, – di cui si sono poi perse le tracce nella pubblicistica locale – e Mattia Ierardi (FdI), che alle soglie del Congresso un mese fa si è dimesso lasciando il campo libero all’avversario interno Silvio Giovine che ha stravinto. Tecnicamente sembra il titolo di coda per una classe dirigente e quello d’inizio di una nuova.
La seconda svolta avviene pochi mesi dopo, alle Comunali del Capoluogo. L’underdog stavolta è Giacomo Possamai, per la verità molto più conosciuto del sindaco di Montegalda, perchè capogruppo del PD in Consiglio Regionale, campione di preferenze nell’anno della consacrazione dello Zaiastan al 70% in Veneto, giovanissimo e determinato a sfidare il sindaco uscente, Francesco Rucco.
Anche qui la doccia fredda arriva già al primo turno, con Rucco sotto di due punti e al ballottaggio, con la solita sentenza,non nuova per la città, in cui lo sfidante del PD vince per una manciata di voti.
E’ il fatto politico che, in modo ancora più netto, caratterizza il 2023 vicentino.
Per molte ragioni. In primo luogo perché non era mai accaduto che il sindaco uscente perdesse le Elezioni al rinnovo; in secondo luogo perché i mal di pancia interni al Centrodestra palesati nel segnale delle Provinciali, sono continuati nella campagna elettorale in città, con esponenti significativi dei partiti, in particolare FdI, che hanno espresso anche pubblicamente posizioni critiche sulla ricandidatura di Rucco, generando un senso di smarrimento nella coalizione che ha prodotto veleni e vendette, oltre che, nell’elettorato, confusione ed incertezza.
Insomma per tutta la campagna elettorale la sensazione che Francesco Rucco non fosse il candidato voluto da tutto il centrodestra è stata molto forte. Nonostante la frequenza con cui alcuni leader nazionali sono passati per Vicenza, soprattutto Matteo Salvini. Ma la Meloni non si è mai vista. E questo la dice lunga.
Possamai invece costruisce un’alchimia che alla fine lo premia. Disarticola in Centrodestra andando ad arruolare alla sua causa pezzi di area, in teoria, avversaria come Matteo Tosetto, Claudio Cicero, Lucio Zoppello, Marco Lunardi, fa i più noti, ma anche figure minori del Centrodestra si spostano accomunati agli altri dalla rivalsa nei confronti del sindaco uscente.
Ma non c’è solo questo.
In un approccio che potrebbe far inorridire i puristi delle liturgie dei partiti, Possamai decide di lasciare fuori da Vicenza la segretaria nazionale del suo partito, il PD, Elly Shlein, in tour in tutto il Paese, ma con la gentile richiesta di non passare per Vicenza. Troppo queer, troppo pericolosa per il salotto benpensante e moderato della città ancora profondamente di cultura democristiana. Sarebbe stato troppo imbarazzante affrontare temi valoriali come quelli dei diritti di cui è portabandiera la leader dem. È una scelta indubbiamente coraggiosa, che riesce a restituire fiducia all’elettore verso un mondo, di area PD, che si riconosce più attrattivo grazie agli esempi di buongoverno che Possamai fa sfilare in città, in particolare il plotone scelto di sindaci riconosciuti al di là dell’appartenenza e con una fortissima immagine come Giordani di Padova, Gori di Bergamo, Beppe Sala che arriva da Milano. Il sistema dem che funziona nelle città e che non c’entra nulla con il movimentismo antagonista che si percepisce nella linea Schlein.
Insomma la ricetta è fatta: i dissidenti del Centrodestra valgono oro perchè rubano consenso al portafoglio di consensi di Rucco e di quelli che gli sono rimasti leali + il no a Schlein + una forte caratterizzazione civica e il risultato è che Possamai diventa sindaco. E Rucco diventa l’unico sindaco di centrodestra in Italia che perde proprio nel momento in cui nel resto del Paese cadono roccaforti storiche del centrosinistra. La croce che si dovrà portare per anni.
Il resto scorre lentamente verso una fine d’anno in cui, tirate le somme, rimane la battuta d’arresto sul PNRR, che rischia di essere una nota negativa di una nuova Amministrazione che dichiara di dover approfondire e valutare i dossier che Rucco ha lasciato in eredità. Tengano presente che il tempo è sempre meno e la possibiltà che questi importanti finanziamenti facciano la fine del 110% è alta, e il danno eventuale lo pagherebbe la città.
A un sindaco onnipresente ed attivissimo, non corrisponde, al momento, altrettanta efficienza nella squadra che si è scelto, con poche eccezioni ed infine l’ombra dell’Alta Velocità si allunga sempre di più verso Vicenza. L’altro test davvero importante su cui si misurerà la capacità amministrativa di Possamai e del suo team. Il troncare e sopire che il sindaco sembra aver appreso dalle sue frequentazioni democristiane, attraverso stop – soprattutto – & go, un po’ meno, su PNRR, sicurezza e Alta Velocità non sarà narcotizzato dalla formula dei consiglieri delegati ma, da solo da misure chiare e provvedimenti approvati.
Registriamo in queste settimane, positivamente, la spinta sulla recinzione di una parte di Campo Marzo, occasione persa dalla Destra di Rucco che potrebbe santificare Possamai come il sindaco che rompe i pregiudizi della sua coalizione ed irrompe in un terreno tipicamente di centrodestra facendo meglio dei suoi avversari.
L’opposizione, in questi primi sei mesi, appare ancora segnata dalla sconfitta, non riesce a fare massa critica nè a mettere davvero in difficoltà una maggioranza che, in realtà, è ancora per buona parte tra la luna di miele della vittoria e l’atteggiamento di marketing da campagna elettorale. Qualche iniziativa meritevole di – pochi – singoli, ma nessuna azione politica di sistema. Segno che le criticità viste nelle due tornate elettorali di Provincia e Capoluogo, non hanno insegnato abbastanza.
Il 2024, dichiara oggi il sindaco, sarà l’anno dei progetti. Noi, da cittadini attenti a quello che ci succede intorno, ci auguriamo che sia l’anno in cui si possa vedere un po’ di concretezza, che a Vicenza serve per tornare a credere nel primato della politica sulla guerra per bande che non fa bene a nessuno.
E comunque Buon 2024 a tutti, a chi ha vinto, a chi ha perso e soprattutto a Vicenza.