La minoranza decide di abbandonare il campo il giorno in cui si vota l’assestamento di Bilancio, ossia come utilizzare le risorse non previste e sopravvenute, ma anche quali spese fare. Non l’intitolazione di una piazza della periferia o la sostituzione di qualche tombino. E abbandonano pensando, e qui iniziano le doglianze, che si tratti di un atto politico forte.
In realtà, per chi non si fa irretire dai bizantinismi della cultura dell’alibi, molto diffusa nella classe politica attuale, abbandonare il campo consente sempre all’avversario di diventare il protagonista e di non avere nè controllo nè freni. Con questa trovata Possamai diventa l’attore unico di uno show in cui democrazia e rappresentanza, con i doveri e le responsabilità connesse, se ne vanno nell’archivio dei ricordi del passato, vecchi arnesi del Novecento, quando in Sala Bernarda c’erano almeno due punti di vista sulla città, quello della maggioranza e quello dell’opposizione.
Il Centrodestra ha deciso di abdicare e andarsene, offeso per le “prepotenze” del Centrosinistra. Il quale, a questo punto, sa che basta poco per avere il campo libero. Un ritardo nelle comunicazioni del Consiglio, qualche piccola provocazione, un assessore un po’ pasticcione et voilà, il trappolone è servito e mezza città si ritrova senza rappresentanza.
Sfioriamo poi il patetico quando i rappresentanti di quella mezza città si giustificano attraverso un comunicato stampa al vetriolo nei confronti di Possamai & C., solo che dimenticano che fare opposizione non è come andare al liceo e, ogni tanto, quando hai la versione di latino particolarmente ostica o l’interrogazione che ti metterebbe in crisi perchè non hai studiato abbastanza, “bruciare”, come si diceva negli anni Ottanta e passare la mattina in Sala Giochi – i miei coetanei ricorderanno la mitica Racing a San Felice dove trovavi i complici della furbata e la comunità degli studenti poco diligenti -. Non siamo al liceo dove se non hai studiato vai in sala giochi. Qui si parla di sala Bernarda. Altra storia, altre responsabilità.
E questo è il primo punto che ricaviamo dalla ritirata non strategica del Centrodestra. Ma forse, per qualcuno di loro, fare il consigliere di opposizione è un impegno relativo ed evidentemente non sentono la necessità di studiare, prepararsi e, soprattutto, rappresentare davvero – come viene riportato nel comunicato stampa – quel 49,5% di vicentini votanti che poco più di un anno fa li ha scelti. In questo modo non sapremo mai qual è il punto di vista del Centrodestra.
E’ un errore nei riguardi della maggioranza, a cui si regala la possibilità di fare goal a porta vuota, è un errore nei riguardi della minoranza perchè si ha l’impressione che si giochi a chi fa meno, è un errore nei confronti di un principio più alto che si chiama democrazia ed un assist ad una versione del populismo, che in realtà nasconde un vuoto di azione politica e di visione alternativa sulla città.
In questo gioco al ribasso però perdono tutti.
Perde Possamai, che può permettersi di mantenere il sei politico, invece che sentirsi costretto a performance migliori da un’opposizione intelligente, preparata e combattiva, e perde il Centrodestra, che decide di rinunciare a far sentire la sua voce e, se ne ha uno, il suo punto di vista. Della serie, se il Centrodestra avesse vinto le elezioni l’anno scorso che assestamento di bilancio avrebbe presentato? Lo stesso o un altro? Dove starebbero le differenze? Perchè il campo in cui misurarsi è proprio quello, la differenza tra centrodestra e centrosinistra.
L’Aventino era una cosa seria, al tempo dei Romani e anche quando lo fecero i parlamentari antifascisti come lotta non violenta alla dittatura e al regime, ma qui si tratta di altro. Abdicare al proprio ruolo di minoranza farà male alla democrazia e alla città.
Una minoranza da liceo che va in sala giochi perchè non ha studiato va rimandata a settembre. Dove arriveranno altri esami. Ci auguriamo che arrivino preparati.