La rivolta dei genitori sul diritto negato al panino da casa
Chiuso il Consiglio comunale monotematico sugli aumenti delle mense scolastiche, con una contrapposizione netta tra maggioranza e opposizione e la scelta politica di tirare dritto con alcuni piccoli aggiustamenti rispetto all’impianto approvato ad agosto, la battaglia si sposta sul cestino da casa in alternativa al pasto della mensa.
In sostanza, di fronte al niet del subcomandante delle scuole Selmos, moltissimi genitori si stanno preparando a boicottare la minestra e soprattutto il costo, della mensa “obbligatoria”.
È però discutibile che due dirigenti scolastici scendano in campo a dare manforte ad una parte politica, e infatti ci chiediamo se avrebbero avuto lo stesso fervore educativo se a Palazzo Trissino vi fosse stato un sindaco di parte politica opposta, ma quella resta una domanda aperta e non verificabile.
Discutibile anche che si imponga la mensa giustificandola attraverso la dieta – “i bambini non possono mangiare panini tutti i giorni”, dando per scontato che i genitori siano degli scellerati -.
Come è altrettanto discutibile che si consideri il tempo mensa come momento educativo solo per chi siede a tavola.
Sono tutte balle.
La verità è che l’opzione messa in campo dai genitori metterebbe in crisi l’organizzazione interna delle scuole ed obbligherebbe i dirigenti a contemplare anche i paninari ribelli.
Insomma ci troviamo all’ennesima prova di quanto la scuola non sia al servizio dei ragazzi, ma piuttosto dei dirigenti, insegnanti e personale non docente. Il mondo al contrario, direbbe il Generale dietro la collina che sorride di fronte a questo ennesimo paradosso e, probabilmente, raccoglierà qualche voto.
Ora la domanda è, la scuola è dei dirigenti allineati con Palazzo Kabul o è un diritto di bambini e famiglie? Ragioniamoci sopra mentre i genitori stanno organizzando un’altra raccolta firme