Nelle scorse ore i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza hanno completato l’esecuzione di due decreti di sequestro preventivo, emessi dal Tribunale di Vicenza su richiesta della locale Procura della Repubblica, per un controvalore di oltre 5,2 milioni di euro nei confronti di tre amministratori di altrettante aziende vicentine, indagati per il reato di “indebita compensazione” delle imposte dovute con crediti inesistenti, di cui all’art. 10-quater, comma 2, D.Lgs. 74/2000, in concorso con tre consulenti fiscali. I sequestri rappresentano l’epilogo di complesse investigazioni, svolte congiuntamente dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Vicenza e dalla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate di Vicenza, che hanno coinvolto i citati tre consulenti fiscali, due con studio a Roma e uno con studio in provincia di Cuneo, i quali hanno elaborato e offerto ai clienti vicentini veri e propri modelli seriali di evasione fiscale finalizzati a “mascherare” degli ordinari costi sostenuti per il funzionamento aziendale in falsi costi per attività di ricerca industriale e sviluppo scientifico e tecnologico (c.d.
costi R&S).
A fronte dei predetti “falsi costi” spettavano, relativamente agli anni d’imposta dal 2015 al 2019, specifici crediti d’imposta riconosciuti dal Governo con l’obiettivo di sostenere la competitività delle imprese e di stimolare gli investimenti nell’innovazione tecnologica, ai sensi dell’art. 3 D.L. 145/2013, successivamente modificato dall’art. 1, comma 35 L. 190/2014 (“Legge di Stabilità 2015”). Le attività investigative, innescate nel 2022 all’esito di specifici controlli fiscali, si sono focalizzate su due società di Arzignano operanti nel distretto industriale della concia e una società di Carrè specializzata nell’automazione degli imballaggi, i cui amministratori hanno adottato i citati modelli di evasione ottenendo un indebito risparmio d’imposta complessivamente quantificato in oltre 5,2 milioni di euro.
Nello specifico, le indagini si sono sviluppate attraverso l’esecuzione di: otto perquisizioni personali, locali e domiciliari effettuate presso le sedi delle tre aziende vicentine e presso le abitazioni e gli studi professionali dei tre consulenti, siti rispettivamente a Roma e Savigliano. Sono statte poi raccolte le testimonianze di 20 dipendenti delle tre citate società beriche, i quali hanno confermato di non aver mai svolto attività finalizzata alla ricerca e sviluppo, ma di aver prestato la propria ordinaria attività lavorativa quali impiegati o operai specializzati. In aggiunta, l’analisi informatica della corrispondenza telematica tra le aziende e gli studi professionali coinvolti, ove sono state rinvenute conversazioni mail nelle quali i consulenti davano indicazioni su come qualificare in “costi R&S” gli ordinari costi d’esercizio, a conferma dell’assenza di qualsiasi sviluppo di prodotto e/o di innovazione del processo produttivo.