Sembrava cosa fatta fino a due giorni fa, e invece la tensione tra Fratelli d’Italia e Lega non diminuisce. Prime vittime i governatori e, intorno a loro, i sindaci che aspettano il via libera sul terzo mandato.
In Sardegna l’inchiesta su Solinas sembra aver sbloccato il corto circuito, a meno di una settimana dalla presentazione delle liste e delle urne che si apriranno il 25 febbraio. L’accordo sembra un miraggio anche se non si può escludere che un confronto sia stato accennato tra Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini a margine o nelle pause del Consiglio dei ministri.
Bocche cucite, e musi lunghi.
Ma il futuro dell’isola è segnato : la Lega, fa finta di non cedere sul suo governatore uscente Christian Solinas, e Fratelli d’Italia è altrettanto ferrea su Paolo Truzzu. In realtà dalla Sardegna discendono tanti altri giochi sullo scacchiere nazionale.
Dietro al nodo scorsoio sardo, e alle candidature nelle altre quattro Regioni al voto, restano rivalità e fibrillazioni interne che si intrecciano con il terzo mandato dei governatori.
La Lega vorrebbe garantirsi il Veneto nel 2025 con la conferma di Luca Zaia per altri cinque anni, e quella sarebbe di fatto la merce di scambio tra leghisti e meloniani.
In più si fa notare a microfoni spenti, che essere pronti a discutere di un allungamento dei mandati non significa condividere in toto la richiesta. Ma il principale indizio dei malumori profondi nella coalizione è la notizia di ieri sul rinvio, al prossimo Consiglio dei ministri, della norma che avrebbe sdoganato il terzo mandato per i sindaci dei Comuni tra 5 mila e 15 mila abitanti.
La modifica dell’articolo 51 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali avrebbe dovuto essere nel pacchetto che comprende l’election day tra Europee e amministrative, che si potrebbero accorpare a giugno.
E invece se ne riparlerà alla prossima riunione.
Ufficialmente i tempi lunghi imposti dalla cabina del Pnrr e poi dalla vertenza sull’ex Ilva, che hanno preceduto il Consiglio dei ministri, hanno fatto allungare i tempi. Ma più voci di maggioranza leggono lo slittamento come voluto.
Nessuna fretta – secondo quella lettura – per una novità che non riguarderebbe comunque i governatori, ma che potrebbe aprire un varco che lascia speranze anche sulle regioni. Al momento, comunque, appare difficile che Fdi, in forte ascesa proprio nel nord est possa accettare, a un anno di distanza, di far blindare alla Lega un territorio come il Veneto. Che poi sarebbe l’unica regione del nord in cui FdI potrebbe sedere sullo scranno più alto perché Lombardia, Friuli e Piemonte sono già presidiate da Lega e Forza Italia.
Il primo partito che resta fuori o viene compensato con le solite regioni del centro sud è difficile da credere. Il mondo produttivo e finanziario che ha creduto al miraggio di un’autonomia che non arriva mai ha già dato un segnale nel 2022 a favore della scommessa su Giorgia Meloni ed è probabile che si rinnovi il patto alle Europee. Lasciare il Veneto alla Lega sarebbe una delusione che FdI potrebbe pagare salata in termini di consenso.
Infine sul terzo mandato ai sindaci dei comuni tra i 5000 ed i 15.000 abitanti è ufficiale che nel prossimo CdM il provvedimento è stato stralciato. Si parlerà e si deciderà solo per l’Election Day. Per quanto riguarda i sindaci che stanno ad aspettare se potersi ricandidare o no, si vedrà con calma, ma la sensazione è che si prenda l’intero pacchetto dei terzi mandati a tutti i livelli e lo si mandi in soffitta. Aprendo la diga ai pretendenti meloniani pronti a succedere ai primi cittadini del Carroccio.
Una tela di Penelope che apre nuove prospettive agli eserciti locali di Fratelli d’Italia.