Abolizione dell’abuso d’ufficio? Una riformina

di Lino Roetta (avvocato penalista)

 

La recente riforma ( o meglio, riformina) della giustizia introdotta dal disegno di legge Nordio approvata in via definitiva dalla Camera, sta provocando un vivace dibattito.

Da un lato si elevano lodi all’abrogazione del reato d’abuso d’ufficio (in senso bipartisan, in quanto amministratori locali sia di centro destra che di centro sinistra la benedicono) dall’altro si paventano soglie di impunità per condotte riprovevoli commesse da pubblici ufficiali.

A mio avviso si tratta di un’abrogazione inutile in quanto già eravamo in presenza, sopratutto dopo la riforma del 2020 – circostanza che pare essere sfuggita a molti commentatori – di una norma con margini di applicazione molto delimitati e che certamente non costituiva una minaccia “in bianco” per i sindaci.

Certo è che condotte sino ad oggi punibili non lo saranno più e, tanto per esemplificare, non sarà più punibile il pubblico ufficiale – sindaco o magistrato che sia – che intenzionalmente favorisca o danneggi qualcuno in violazione di norme di legge.

Solo per fare un esempio: in un concorso l’eventuale favoritismo a favore del parente o dell’amante in danno di altri candidati troverà rimedio solo nel (costoso) ricorso al TAR e non più nell’alveo penale.

Così pure la violazione del dovere di astensione (il sindaco o consigliere che delibera quando è parte in causa) non sarà più oggetto di rilievo penale.

Maggiormente condivisibili sono invece le altre riforme introdotte (in tema di pubblicazione delle intercettazioni e  di segretezza dell’avviso di garanzia) ma anche qui, più che introdurre nuove norme ben si poteva, non solo e tanto aumentare le pene ridicole previste dall’art. 684 c.p. – pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale – ma sopratutto chiedere ed imporre che le procure ne dessero compiuta applicazione non ritendendolo, come ebbe a sostenere un alto magistrato durante un  convegno qualche anno fa – implicitamente abrogato.

Del resto che l’avviso di garanzia debba essere portato a conoscenza dell’indagato in forma riservata era norma già prevista dall’art. 111 della Costituzione e doverlo ribadire con legge ordinaria dimostra il fallimento del sistema

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