Vertice Ue: Coldiretti a Bruxelles per salvare filiera da 600 miliardi di euro

Per la prima volta agricoltori europei in piazza nella Capitale dell’Unione europea

Dall’agricoltura italiana nasce una filiera agroalimentare allargata che sviluppa un fatturato aggregato pari a oltre 600 miliardi di euro nel 2023 messa a rischio dalle politiche folli dell’Unione europea. È quanto emerge da un’analisi Coldiretti diffusa in occasione della prima mobilitazione con gli agricoltori da tutta Europa e la partecipazione per l’Italia di Coldiretti scesi in piazza assieme al presidente Ettore Prandini, in Place du Luxembourg, di fronte al Parlamento europeo. a Bruxelles, dove si tiene il Vertice straordinario dell’Ue con la presenza del premier Giorgia Meloni. È la prima volta in piazza insieme per gli agricoltori provenienti dal sud e dal nord dell’Unione Europea dalla Coldiretti agli spagnoli di Asaja, dai portoghesi di Cap ai belgi dell’Fwa fino ai giovani della Fja e molti altri che invadono la capitale dell’Unione per trasformare le proteste in risultati concreti.

Vicenza ha partecipato all’evento con una delegazione di agricoltori e giovani Coldiretti, guidati dal presidente Pietro Guderzo e dal direttore Simone Ciampoli.

“Abbiamo deciso di venire a Bruxelles – spiega il presidente di Coldiretti Vicenza, Pietro Guderzo – per spostare l’attenzione nei palazzi in cui si decide il futuro di tutti noi e delle nostre aziende agricole. È importante per noi agricoltori riuscire a coltivare tutta la superficie agricola disponibile. Produrre cibo non è un reato, ma contribuisce a salvaguardare l’ambiente”.

Su un grande striscione si legge “Stop alle follie dell’Europa” ma gli agricoltori esibiscono anche cartelli con “Basta terreni incolti!”, “Scendete dal pero”, “Stop import sleale”, “Prezzi giusti per gli agricoltori”, “No Farmers no Food”, “Cibo sintetico, i cittadini europei non sono cavie”, “Mungiamo le mucche non gli allevatori”. “Non è l’Europa che vogliamo” si legge nei documenti di mobilitazione in mano al presidente di Coldiretti Ettore Prandini accanto al tavolo allestito per far vedere le follie dell’Europa a tavola.

La filiera. “A rischio è una filiera nazionale che vede impegnati – spiega Coldiretti – ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Una rete diffusa lungo tutto il territorio che quotidianamente rifornisce i consumatori italiani ai quali i prodotti alimentari non sono mai mancati nonostante pandemia e guerre”.

Le esportazioni agroalimentari Made in Italy nel 2023 hanno raggiunto il record di 64 miliardi di euro con un balzo del 6% secondo le proiezioni Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero relativi al 2023. Il Belpaese è, infatti, il primo produttore Ue di riso, grano duro e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.

I cibi e le bevande stranieri sono oltre dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy, con il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge che in Italia è stato pari al 6,4% nei prodotti di importazione, rispetto alla media dello 0,6% dei campioni di origine nazionale, secondo i dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa nel 2023 relativo ai dati nazionali dei residui di pesticidi.

La difesa del suolo agricolo. Un patrimonio di biodiversità messo a rischio dalla cementificazione e dell’abbandono con l’Italia che ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari ed effetti sulla tenuta idrogeologica del territorio e sul deficit produttivo del Paese e la dipendenza agroalimentare dall’estero, secondo l’analisi della Coldiretti.

Le follie dell’Europa a tavola. In piazza è stata allestita una mostra sulle “Follie dell’Europa a tavola” per toccare con mano gli effetti di normative ideologiche e senza freni che rischiano di stravolgere per sempre lo stile alimentare degli italiani, a partire dalla Dieta Mediterranea, e il sistema produttivo nazionale basato sulla qualità e su tradizioni millenarie, favorendo le importazioni dall’estero, con gli arrivi di cibo straniero che nel 2023 hanno raggiunto lo storico record di 65 miliardi di euro.

Allevamenti sul banco degli imputati. “Ingiusta e fuorviante è anche l’idea di – continua Coldiretti – equiparare gli allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali contenuta nella direttiva emissioni. Nonostante il fatto che il compromesso raggiunto abbia corretto grazie alla Coldiretti molti degli eccessi contenuti nella posizione iniziale della Commissione per il settore bovino, restano preoccupazioni per i settori suino ed avicolo”.

Dito puntato contro la dieta mediterranea. “L’Unione Europea peraltro vuole sacrificare produzioni alla base della dieta mediterranea, ritenute meno importanti pur di portare avanti la propria irrealistica proposta di dimezzare l’uso di fitofarmaci che secondo la Commissione colpirebbe maggiormente produzione, dal vino al pomodoro, simbolo dell’Italia. Un provvedimento che – sottolinea Coldiretti – avrebbe un impatto devastante sulla produzione agricola dell’Unione Europea e nazionale aprendo di fatto le porte all’importazione da paesi extra Ue che non rispettano le stesse norme sul piano ambientale, sanitario e del rispetto dei diritti dei lavoratori. Serve un approccio realistico per sostenere l’impegno dell’agricoltura verso la sostenibilità che ha già portato l’Italia a classificarsi come la più green d’Europa con il maggior numero di imprese agricole che coltivano con metodo biologico su circa 1/5 della superficie agricola totale e il taglio record in un decennio del 20% sull’uso dei fitofarmaci che restano essenziali per garantire la salute delle coltivazioni”.

Il falso Made in Italy. “Un attacco a prodotti simbolo del Made in italy che viene anche dall’etichetta a colori, il cosiddetto Nutriscore, etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che – prosegue Coldiretti – finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti sintetici di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. I sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo – continua la Coldiretti – vogliono escludere paradossalmente dalla dieta ben l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine che la Ue dovrebbe invece promuovere. Una disattenzione confermata anche dal fatto che l’Unione Europea continua a tollerare da anni la commercializzazione del Prosek croato che sfrutta la notorietà sul mercato internazionale del vero Prosecco Made in Italy, il vino tricolore più venduto al mondo e fra i più imitati anche in Europa dove si moltiplicano le caricature del Made in Italy”.

Tutti devono rispettare le stesse regole. “Chiediamo che sull’import – ha affermato il presidente Prandini – ci sia un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard. Non possiamo più sopportare questa concorrenza sleale, che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole”.

Investire sulla sovranità e sulla sicurezza alimentare europea. Coldiretti chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione europea davanti al blocco del commercio mondiale, ma anche la difficoltà del sistema produttivo sconvolto dalla violenza dei cambiamenti climatici, per proteggersi dai quali servono investimenti adeguati nella difesa attiva e passiva.

“Dobbiamo aumentare gli investimenti in agricoltura – ha proseguito Prandini – garantendo più sostegni ai giovani per il ricambio generazionale nel nostro settore. Senza ragazze e ragazzi in agricoltura, l’Europa sarà più fragile e dipendente dalle importazioni”.

I terreni vanno coltivati, non abbandonati. “Serve la cancellazione dell’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica agricola comune (Pac) per invertire la rotta rispetto alle follie dell’Ue – ha rilevato Prandini – poiché non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare, come sosteniamo da anni, una delle eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia. In occasione della crisi Ucraina avevamo ottenuto una deroga, la nuova bozza di deroga che la Commissione sta proponendo va corretta perché contiene troppi vincoli. È ora che l’obbligo venga eliminato definitivamente”.

 

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